Valigie quasi chiuse: ultime 36 ore a Houston prima di volare per il weekend a New York e poi via verso l’Italia. Bye bye bloody Houston, ci rivediamo il 3 dicembre!
Oggi, mentre facevo le valigie, cercavo di fare mente locale su usi e costumi da lasciare in America e quelli da riprendere una volta messo piede sul suolo italiano:
– in macchina
1. ricordarmi di mettere il freno a mano, che qui è invece comodamente offerto dalla funzione “P” del cambio automatico, se non voglio rischiare di distruggere la macchina e poi di essere linciata da chi me l’avesse prestata;
2. riabituarmi immediatamente all’uso del clacson: da questa parte dell’Oceano usare il clacson è un po’ come chiedere ad un vigile urbano di regolare il traffico senza, possibilmente, creare ulteriore disagio. Qui non è cosa. Piuttosto stanno tutti fermi in coda mezz’ora aspettando che il primo della fila finisca di chiacchierare con la vicina di casa oppure metta giù il giornale e parta oppure sposti il suo mega suv dal centro del parcheggio. Qui si aspetta, non si suona. E io, clacson addicted, mi sono quasi dovuta legare le mani per non avvinghiarmici ogni volta che qualcuno bloccava la strada inutilmente;
3. ricordarmi che il piede sinistro ha un ruolo: schiacciare la frizione!
– nei negozi/al supermercato/negli uffici pubblici
1. dimenticarmi della generale cortesia del customer service che la fa da padrone da queste parti. Se entro in un negozio, non devo aspettarmi che mi salutino: lo faranno solo se ne avranno voglia. Se dovessi distrarmi un attimo in fila al banco del fresco e perdessi il mio turno, non devo certo pensare che chi me l’ha furbescamente rubato, mi sorrida timidamente e mi dica “Oh so sorry…” o che l’addetto del banco redarguisca bonariamente chi mi ha rubato il turno;
2. basta vedere solo bicchierini, vasi o damigiane di sour cream: finalmente potrò fare incetta di stracchino (ad un prezzo equo!), robiola (qui sconosciuta ai più!), bresaola, prosciutti vari ed eventuali, formaggi che più o meno puzzano (ma non costano come un lingotto d’oro!);
3. se mi dovesse venire voglia di andare in Questura a richiedere il passaporto per Gordie, sarà meglio che prima mi scordi della meravigliosa efficienza degli uffici pubblici americani: most likely, andrò incontro a facce annoiate, sguardi scazzati e risposte abbastanza maleducate. Proprio per questo non credo che mi verrà voglia di richiederlo!
– al bar
1. espresso, cappuccino, marocchino, croissants: A ME! Basta caffè che mi bucano lo stomaco o brioches affogate nel burro. E poi tramezzini, panini dolci, piadine, toast….;
2. se chiederò un’insalata mista, avrò un’insalata mista e non un mix di diverse foglie di insalata annegate dentro ad una mayonnaise agliosa che generalmente digerisco 72 ore dopo;
3. solo dopo aver finito di mangiare, aver bevuto il caffè e magari fatto due chiacchiere con chi è lì con me, mi alzerò e andrò alla cassa per pagare. Per un mese basta scontrini portati al tavolo ancora prima della comanda, come a dire “beh, magna in fretta che così liberi il tavolo e si siede qualcun altro che mi lascerà un’altra mancia!”
– novembre, esterno
1. a novembre 2013 qui a Houston andavamo in giro in maniche corte e senza calze; questa volta a novembre, in Italia, metterò giacche pesanti, userò le sciarpe, la lana e forse metterò pure guanti e cappello. Priceless!
2. al parco, ma anche per strada o mentre giocano nel cortile dell’amico, i bambini usano calze e scarpe. Basta sentirmi “diversa” perché non faccio scorrazzare Bossy a piedi nudi come, invece, fanno tutti i suoi pari;
3. proprio perché si usano calze e scarpe, ricordarmi che la pulizia dei giardini pubblici non è esattamente pari a quella americana: non far mettere le mani dove capita a Bossy e Gordie. Inoltre, tenere a mente che le mani leste sono sempre dietro l’angolo, quindi mai perdere di vista la borsa!
– in generale
finalmente torniamo al Bel Paese, quindi amici e famiglia GET READY!